Plastikhaare • Maggio 06-25 2022
Esisteva, nel mondo antico, un’entità dai poteri sovrannaturali, tramite tra il mondo terreno e quello divino, che tutto conosceva e tutto prevedeva. Era l’Oracolo.
Il duo Plastikhaare (composto da Giulia Querin e Rachele Tinkham) reinterpreta questa lunga tradizione per dare vita, negli spazi di TIST, a un nuovo rito performativo.
Ad accogliere il visitatore è un ambiente asettico, neutrale, una ‘camera di decompressione’ che lo introduce mentalmente e fisicamente all’azione e gli fornisce le istruzioni necessarie per partecipare al rituale. “Qui tutto può essere esplorato […]”, si legge sulla parete, “L’Oracolo vi chiede di spogliarvi da pregiudizi e disillusioni, di tornare bambini, emozionandovi nella scoperta dell’altro […]”. È un invito a riattivare i propri sensi, a percepire lo spazio e le persone che ci circondano. Ora possiamo scegliere un indumento tra quelli disposti a terra e portarlo in dono agli oracoli-artiste, che ci attendono nella seconda stanza.
Scopriremo un luogo altamente immersivo e sinestetico, futuristico e arcaico insieme, che ci permette di avvicinarci a uno stato quasi meditativo, di riconnessione primordiale con le sensazioni del nostro corpo e con quelle provenienti dallo spazio. Qui Plastikhaare si presenta con le sembianze di due idoli, figure eteree senza sesso né età: legano insieme i vestiti che vengono loro offerti, tessono storie e persone, ricuciono le fila della comunità. Alle loro spalle, le loro proiezioni si stagliano su due grandi drappi che segnalano il centro dell’azione, come un altare: raddoppiati e smaterializzati in ologrammi provenienti forse da un altro tempo e spazio, gli oracoli compiono una danza di gesti in sequenza con cui entrano in contatto intimo con il proprio corpo e tra loro, fondendosi a tratti in un unico essere dalle multiple braccia. Il tempo è fluido, si dilata e contrae continuamente, ritmato dal lavoro, dai movimenti e dalla musica. Sonorità cyberspaziali creano cortocircuiti con i vestiti rituali delle artiste e i loro ornamenti in terracotta, materiale che appartiene alla storia più antica dell’uomo. La ceramica aderisce all’incarnato e al nylon come una seconda pelle che neutralizza, cancella i segni di un’identità riconoscibile per astrarsi da ogni schema, codice o definizione.
L’oracolo-Plastikhaare non è distante né superiore agli esseri umani, non allontana né incute timore reverenziale, perché non risponde a una vera divinità spirituale, quanto più al semplice desiderio di ricreare un senso di comunità che sia reale e percepito. Provate a parlarci, a interrogarle: non avranno saggezze o responsi da dispensare, ma vi inviteranno ad agire e interagire con lo spazio e con loro per la creazione di un grande ‘vello’-opera collettivo, simbolo di una nuova identità multipla, eterogenea e schizofrenica che ricerca e propone la via per un nuovo contatto empatico tra le persone, la realtà e noi stessi.
Progetto: Plastikhaare. Testo: Giorgia Tronconi. Curatela: TIST e Adiacenze. Il sonoro della performance: Casablanca.